Nella legge per le crisi d’impresa dove si richiede che gli imprenditori si dotino di un sistema di valutazione dei rischi aziendali si è trascurato che questo “è il lavoro della Compliance” e tale figura è prevista per le imprese secondo i nuovi limiti per la nomina obbligatoria dell’organo di controllo e/o per la cessazione della sua funzione:
- attivo sopra 4 milioni
- ricavi sopra 4 milioni
- con più di 20 dipendenti
Tale figura nel decreto viene assegnata ai commercialisti, revisori e avvocati.
Ora, è vero che molte delle indicazioni di controllo sono in massima parte di natura economica, fiscale e finanziaria e si ritiene che il “commercialista” sia più preparato in tal senso, ma è un’idea distorta del concetto di rischio d’impresa, infatti un Compliance Manager deve saper dialogare anche con le technicality aziendali di natura finanziaria e fiscale. Prova ne è che si riconosce tale capacità anche ai legali.
A tal proposito, il dott. Alessandro Cerboni, vice presidente di Assocompliance, si sta battendo in sede governativa perchè il Compliance Manager possa essere inserito tra le categorie riconosciute nel decreto per tale compito.